L’importante ruolo dei fuchi nell’alveare
Un lungo articolo sul ruolo sottovalutato dei fuchi nell'alveare e le recenti ricerche che dimostrano l'effetto buffer dei fuchi contro gli effetti della varroa. Leggi di più →
Marc
Data di pubblicazione:10 Febbraio 2017 da CAI Club Alpino Italiano sul soppresso sito web della val Tassaro.
Il luogo della scoperta nel cuore della val Tassaro, una delle più belle località della montagna reggiana, situata nel comune di Vetto, è stata recentemente scoperta una grande superficie rocciosa la cui superficie è solcata da una complessa serie di di segni ed incisioni. Il ritrovamento è stato effettuato dal Comitato Scientifico della sezione reggiana del Club Alpino Italiano che nel corso di una ricognizione si è imbattuto in una seria di profonde solcature scavate nella rocca, quasi del tutto nascoste dalla vegetazione e ricoperte dai muschi. Gli abitanti più anziani della val Tassaro ben conoscevano questa grande pietra incisa: ricordano infatti che da bambini essa costituiva il loro preferito luogo di gioco, divertendosi a lasciarsi scivolare lungo i profondi solchi incisi nelle pietra, ma nulla più.
Dopo la prima sorpresa, si è deciso di procedere alla ripulitura della superficie rocciosa, rimuovendo il manto di muschi che in gran parte la nascondeva : si è cosi’ schiuso un inaspettato scenario che ci proietta all’improvviso, all’epoca remota in cui l’uomo praticava il culto delle rocce. Infatti oltre alle sette profonde incisioni lineari che solcano la roccia, gli esperti del Comitato scientifico hanno portato alla luce numerose coppelle connesse ad piccole canalette, vaschette in pietra, canalette e strane incisioni quadrangolari : un insieme figurativo insospettatamente ricco e variegato che a detta degli esperti sarebbe riconducibile ad un inedito, antichissimo luogo di culto, forse l’unico sino ad ora individuato nell’appennino emiliano. Per meglio studiare ed interpretare questo grande complessi figurativo, il CAI ha contattato il dott Mancassola ed il dott Zoni della Università di Bologna per effettuare un rilevo con la moderna tecnica del laser scanner. A tal fine è stato necessario effettuare una impegnativa opera di ripulitura del masso e di diradamento della vegetazione, previa autorizzazione da parte dei proprietari. In tal modo, nell’agosto 2016, è stato possibile predisporre un accuratissimo rilievo del complesso incisorio, grazie al quale sulla superficie della roccia sono stati individuati numerosi altri petroglifi, che all’occhio umano non erano più’ visibili a causa della profonda erosione della roccia.
La prima ipotesi interpretativa è stata avanzata dal dott Alfonso Zavaroni, noto studioso di incisioni rupestri, che nel masso del Lulseto individua un antico luogo cultuale, trovando peraltro condivisione in numerosi altri ricercatori che sono stati successivamente contatti e nella stessa bibliografia scientifica che abbiamo consultato. Sono infatti numerosi e ben diversificati gli aspetti che concorrono a sostenere tale interpretazione: innanzitutto la sua collocazione; essa infatti è situato sulla sommità di un ripido colle che sovrasta direttamente l’antica chiesa di Crovara in val Tassaro ; la sua superficie è esattamente rivolta ad occidente, e, fatto veramente eccezionale, è interamente circondata da un bosco sempreverde dominata dalla Erica arborea, specie vegetale tipica del caldo clima mediterraneo che invece sulla vetta di questa monte trova inaspettatamente ottimali condizioni di sopravvivenza creando anche in pieno inverno l’immagine di un bosco vivo e rigoglioso mentre tutt’attorno si stagliano i tronchi “morti” e nudi delle piante caducifoglie. A breve distanza è infine presente una antica sorgente. In altri termini, il sito ove è presente il masso scolpito presenta tutte le caratteristiche degli antichi luoghi di venerazione preistorica: essere sulla sommità di un rilievo (“sacralità delle vette”), essere collocato all’interno di un bosco semprevivo, indipendentemente dal ciclo delle stagioni, essere orientato in rapporto al ciclo del sole e, infine la vicinanza ad una sorgente.
Gli esperti hanno interpretato le sette profonde solcature che dall’alto verso il basso attraversano per alcuni metri tutta la pietra, come canalette rituali aventi finalità’ mantiche e divinatorie, lungo le quali veniva fatto scorrere dell’acqua od altri liquidi sacrificali, traendo poi auspicio dal come il liquido scorreva nelle scanalature. Altri studiosi sono invece più propensi alla ipotesi sacrificale cruenta secondo la quale il sangue dell’animale o dell’essere umano sacrificato scorreva lentamente defluendo tra coppelle e canalette , fornendo a seconda delle direzioni prese auguri di natura opposta.
“Per coppelle si intendono incisioni su roccia con sezione conica, ellittica o circolare di diametro e profondità variabili che si suppongono eseguite mediante rotazione di una pietra di durezza elevata, come selce o quarzite. Le coppelle e le coppelle unite da canalini non sono interpretabili: non si conosce cioè il loro senso anche se è oggettivamente evidente la loro funzione di messaggi. Rimane quindi più problematica la interpretazione delle “coppelle”, che si stagliano in più punti sulla superficie rocciosa, spesso anch’esse collegate tra loro da piccole canalette: anche in questo caso si avanza l’ipotesi che esse potessero svolgere un funzione mantica, riempiendole di liquidi sacrificali . L’ipotesi più fondata pare essere quindi quella che vede nelle coppelle una espressione di tipo rituale e religiosa (Coisson-le incizioni rupestri della val Pelice)
Tutti da interpretare, invece, anche a causa della profonda erosione i segni quadrangolari e lineari che compaiono in alcuni punti, forse riconducibili a profili molto stilizzati di antiche capanne.
Un aspetto in particolare, pare avvalorare pesantemente l’ipotesi che la Pietra del Luseto sia riconducibile ad un ancestrale luogo di culto: nel corso del rilievo dei petroglifi è stata infatti ritrovata la croce che esorcizzava in senso cristiano l’intero manufatto; essa è incisa in modo netto nell’estremo orientale della pietra, al di sopra di tutta la superficie scolpita ,trasmettendo in modo inequivocabile il messaggio della “damnatio memoriae” nei confronti delle pratiche idolatorie pagane che probabilmente continuavano ad essere qui praticate sino agli albori della cristianità’. La presenza della croce in funzione di cristianizzazione dei luoghi di culto “pagani” costituisce una costante nel panorama dei petroglifi dell’area alpina e trova un esplicito riferimento ai dettami dei concili di Arles (452), Tours (567), Toledo (681) che emanarono decreti di condanna nei confronti degli “adoratori di pietre”. A partire dai primi secoli del cristianesimo si assiste quindi ad una incisiva e capillare operazione di revisionismo , che trova con la apposizione della croce cristiana sulle pietre dei “santuari pagani”, la propria massima e più evidente attestazione. La “saxorum veneratio”, già stigmatizzata dai vertici della chiesa sin dal V° secolo , continuo’ tuttavia a lungo ad esprimersi nei territori montani .
il concetto di animismo delle popolazioni primitive e quello del tempio all’aperto dei Celti, la scelta dei luoghi sacri in posizione dominate presso tutti i popoli preistorici e storici, la pietra come altare testimoniano una uniformità culturale e religiosa tra le popolazioni europee che vissero tra la fine della preistoria e la protostoria “ Dobbiamo, a tale proposito, sottolineare la stessa radice linguistica di origine celtica dell’appennino: espressione diretta di venerazione celtica del dio delle vette “Pen” . Occorre inoltre evidenziare una altra caratteristica del complesso incisorio del Monte Lulseto: i suoi segni e le sue caratteristiche trovano ampio riscontro nell’arco alpino , nel quale la lungo tempo è documentata la presenza di un gran numero di massi incisi aventi simili fattezze. Sin dalla fine dell’800, numerosi studiosi lombardi e piemontesi hanno documentato tali complessi incisori , riconducendoli ad un arco temporale assai vasto compreso tra il paleolitico superiore e la tarda romanità , ma datandoli principalmente alla età del bronzo ed al periodo della cultura celtica.Nel caso del Lulseto ci troviamo quindi all’interno di un vastissimo orizzonte culturale preistorico, che tuttavia non è ancora stato documentato nell’appennino settentrionale e di cui esso costituisce forse la prima importante testimonianza. La Pietra del Lulseto dimostra che anche nell’appennino emiliano sono presenti testimonianze della civiltà pre-protostorica dei petroglifi :a differenza dell’arco alpino , tuttavia in area appenninica si assiste un forte condizionamento limitativo, dovuto alla presenza di rocce di tipo arenaceo che sono assai più esposte alla erosione da parte degli agenti atmosferici di quanto non lo siano invece le dure rocce metamorfiche e cristalline della Alpi. In base a varie testimonianze che come Comitato Scientifico del CAI stiamo individuando in diverse località appenniniche, riteniamo che anche nelle nostre montagne queste incisioni cultuali fossero assai diffuse , ma che siano successivamente in gran parte state cancellate dai naturali processi erosivi.
Le ricerche condotte in merito alle testimonianze petroglifiche presenti in area alpina, schiudono un ulteriore scenario interpretativo per la pietra del Lulseto: quello del “masso della fertilità”. In numerose località alpine, infatti, sino a tempi relativamente recenti, si assiste al perpetuarsi dell’antichissimo rito dello “scivolo della fertilità”. Questi scivoli, ampiamente diffusi in zone celtiche, fino a tempi piuttosto recenti venivano usati dalle donne desiderose di procreare e il rito consisteva nel lasciarsi scivolare su particolari rocce (glissade) che col passare dei secoli sono diventate lisce lungo il tracciato utilizzato. Nei dintorni della Val d’Ayas si trovano scivoli a Ussel, Machaby e Bard (accanto alle incisioni rupestri) Sotto la chiesa dedicata ai SS Pietro e Paolo ad Elvas, a nord di Bressanone, una grande pietra ricca di coppelle si presenta usurata da centinaia e centinaia di scivolate o “frizioni” effettuate dalle donne contro la sterilità e le malattie. Inutilmente la furia dei religiosi ha tentato di chiudere la fessura del grande masso della fertilità ubicato a fianco della chiesa dello Spirito Santo a Predoi, val Aurina. Fino a pochi anni fa le donne della valle vi strofinavano il ventre, così come scivolavano sulla pietra presente nell’importante sito archeologico di Castelfeder ad Ora. Soltanto che qui una mano vi ha inciso una croce, allontanando riti e miti pericolosi.Le donne desiderose di prole si lasciavano infatti scivolare lungo queste rocce , ben identificate e scelte per il loro posizionamento .Nella antica società rurale è sempre stato altissimo il bisogno di figli che rafforzassero la capacità produttiva della famiglia patriarcale ; la fertilità delle donne è pertanto stata concepita come cera e propria “produzione”: di qui l’importante valore del rito religioso assegnato alla domanda di figli rivolto alle divinità o panteisticamente alle forse naturali prima e poi in epoca cristiana alla madre per eccelsa, La Madonna. È emblematica quindi la ritualità del gesto dello scivolo sulla roccia: esso esprime il compartecipato contatto diretto con la dea madre per eccellenza:la madre terra, qui espressa dalle su più forti manifestazioni, ovvero le rocce.
Gli esperti del Comitato Scientifico hanno esteso le loro ricerche nell’intorno della pietra “scritta” del Luseto, trovando su altri massi numerose altre incisioni su roccia, coppelle e canalette mantiche, che nel loro insieme fanno della zona del Monte Lulseto un unico vasto complesso incisorio preistorico del tutto inaspettato per il nostro appennino. Gli studi stanno proseguendo e sono in corso altre ricerche e rilievi, nella speranza di riuscire a tutelare questo spettacolare insieme di testimonianze con la istituzione di un inedito parco archeologico che costituirebbe un ulteriore prestigioso tassello da collocarsi nella splendida cornice naturalistica della Val Tassaro.
A cura del Comitato Scientifico del CAI sono previste visite guidate al Lulseto ed anche nuove attività di ricerca superficiale e di ricognizione territoriale in val Tassaro: gli interessati si mettano in contatto.
Giuliano Cervi (comitato Scientifico CAI)